Il CISPE, Cloud Infrastructure Services Providers in Europe, associazione di categoria che riunisce i fornitori di servizi di infrastrutture cloud in Europa, ha pubblicato a maggio 2025 i suoi ultimi report sullo stato di avanzamento lavori nell’ambito del MoU (Memorandum of Understanding) stretto ad aprile 2024 con Microsoft. Questo prevede il soddisfacimento di alcuni impegni presi dal vendor per garantire un mercato europeo dei servizi cloud che favorisca gli interessi delle aziende europee, supportandone la transizione digitale in un contesto di mercato libero e competitivo.

Dalle attività del CISPE è nato infatti ECCO, lo European Cloud Competition Observatory, volto espressamente a trovare delle soluzioni ai problemi di competitività generati dalle recenti politiche di licensing di Microsoft, ma anche di altre grandi software company come Broadcom/VMware. La mission di ECCO, sotto la guida del CISPE e di altre organizzazioni europee di utilizzatori, è quindi il monitoraggio delle pratiche commerciali di questi grandi brand che in alcuni casi rischiano di minacciare la libertà di scelta di soluzioni cloud da parte delle aziende europee.

Immagine illustrativa dello stato di competitività nel mercato cloud europeo dalle analisi dell'Osservatorio del CISPE

Per capire la portata del problema, è sufficiente guardare a quanto accaduto a seguito dell’acquisizione di VMware, principale fornitore di software per la virtualizzazione delle macchine, da parte di Broadcom. Tra le pratiche sleali di licensing avviate successivamente all’acquisizione rientra la modifica unilaterale decisa da Broadcom per i termini di licenza del software base VMware, che ha portato a esponenziali incrementi dei costi per gli utenti. Questi includono ad esempio la cessazione di alcuni prodotti a favore di offerte in bundle, senza che venissero peraltro introdotte nuove funzionalità tecniche o miglioramenti. Ciò comporta che oggi i clienti non hanno più la possibilità di acquistare solo il software di cui hanno bisogno, venendo invece costretti a pagare per software di cui non necessitano.

In particolare, ciò ha comportato la cessazione delle licenze perpetue per il software VMware, così come del modello Pay-as-you-go (PAYG), sostituite da abbonamenti triennali, con una base di costo predeterminata. Eliminando dunque la possibilità di pagare in base all’utilizzo, contrariamente ai principi operativi che sono alla base del cloud computing. Ciò è inoltre avvenuto con la consapevolezza da parte di Broadcom che, se pure in futuro soluzioni alternative a VMware verranno sviluppate dai competitor, nel momento in cui il cambio nelle politiche commerciali è stato deciso queste alternative non erano ancora disponibili sul mercato. Serviranno inoltre diversi anni perché queste siano implementate e ottengano le necessarie certificazioni dai maggiori vendor. Per dare un’idea dell’impatto avuto sulle spese per le soluzioni di virtualizzazione VMware, i membri del CISPE hanno riportato picchi di incremento nei costi compresi tra l’800% e il 1.500%.

In base a un accordo per collaborare al raggiungimento di alcuni obiettivi a tutela della competitività del mercato cloud in Europa, l’ultimo report ECCO riferisce quindi dell’accordo inizialmente stretto con Microsoft per il co-sviluppo e la promozione di una nuova versione multi-tenancy di Azure Stack HCI, rinominato Azure Local. Obiettivo di questa attività congiunta è quello di consentire ai membri del CISPE di offrire applicazioni cloud ibride che replichino molti dei vantaggi offerti da Azure su infrastrutture proprietarie dei provider europei. Il nuovo prodotto avrebbe nello specifico dovuto porre rimedio ad alcune pratiche sleali nel licensing, contemplando il supporto multi-tenancy per carichi di lavoro multipli dei clienti, inclusi sovra-sottoscrizione/sottoimpegno di CPU, RAM, storage e rete; virtualizzazione illimitata e Virtual Desktop Infrastructure (VDI) multi-sessione per Windows 10, 11 e versioni future; disponibilità di licenze a consumo (PAYG) per SQL Server; infine, aggiornamenti di sicurezza estesi (ESU) gratuiti.

Essendo scaduti i termini per lo sviluppo di una soluzione che rispettasse questi obiettivi, fissati nel MoU al 10 aprile 2025, sia Microsoft che il CISPE hanno quindi convenuto per un Piano B, chiudendo la prima fase di lavoro e procedendo verso la transizione a soluzioni commerciali alternative, che dovranno essere fornite mediante programmi Microsoft esistenti senza lo sviluppo di software aggiuntivo. La nuova fase è al momento ai primi stadi di lavoro, e Microsoft dovrà presentare formalmente le prime proposte entro il 10 luglio 2025, in concomitanza con il primo anniversario del MoU.

Se con Microsoft la collaborazione inizia a dare alcuni segnali positivi, ancora in zona allerta rossa risulta invece la situazione con Broadcom. Dalla data del primo report Broadcom pubblicato da ECCO, a febbraio 2025, nel nuovo report di maggio risulta infatti che la maggioranza dei membri del CISPE ha avviato nuovi accordi di licenza con il vendor, spesso però sottoscritti sotto un evidente stato di pressione, influenzati in particolare dalla mancanza di alternative e con la prospettiva di brusche risoluzioni contrattuali, oltre a incentivi e sconti per la sottoscrizione di impegni a lungo termine.

Termini contrattuali che di fatto sono stati imposti in maniera vessatoria agli utilizzatori, che in mancanza di soluzioni alternative si ritrovano ad affrontare oneri finanziari notevoli e svantaggi operativi dovuti ai termini contrattuali imposti. I membri del CISPE segnalano ad esempio che Broadcom ha recentemente apportato ulteriori modifiche al programma di partnership, modificando la struttura di reward. Queste modifiche costringono i partner a scegliere tra l’essere un fornitore di servizi o un rivenditore, mentre in Europa è comune che i CPS svolgano entrambi questi ruoli. I nuovi requisiti imposti da Broadcom rappresentano pertanto un’ulteriore limitazione che lede la capacità dei fornitori di servizi cloud europei di competere e servire i clienti europei.

ECCO sostiene quindi che, a meno che Broadcom non implementi tempestivamente una serie di modifiche e adattamenti critici ai suoi termini di licenza, il modello finanziario dell’azienda rimane giuridicamente ed eticamente viziato. L’attuale modello di licenza VMware sembra infatti basarsi su pratiche che violano le normative UE sulla concorrenza, il che, oltre ad arrecare danno ai suoi clienti e all’ecosistema cloud europeo, crea un rischio significativo per l’azienda e i suoi azionisti qualora le autorità di regolamentazione dovessero indagare e contestare la legalità di tale modello.